IL QUARTO CHAKRA

Il quarto chakra, dal sanscrito Anahata, “non colpito”, è il centro del nostro sistema energetico e si trova all’altezza del Cuore. Il suo elemento è l’Aria ed è rappresentato dal colore Verde.
Da questo centro energetico dipende il modo in cui ci relazioniamo a noi stessi e, di conseguenza, agl’altri e alla nostra società. Proprio per questo è strettamente legato allo sviluppo dei chakra precedenti: se non siamo in grado di rispettare i nostri confini (primo chakra), se non siamo in contatto coi nostri bisogni e con le nostre emozioni (secondo chakra) e se non siamo in grado di agire consapevoli di noi stessi (terzo chakra); allora non potremo andare oltre la nostra realtà singola per relazionarci in maniera sana con gli altri e con il mondo circostante.

Quando, invece, siamo in equilibrio con noi stessi e con le parti che ci compongono, tale equilibrio, fatto di intimità, Amore e apertura, si manifesta anche fuori. Diventiamo capaci di creare relazioni sane, di Amare noi stessi e gli altri. E, non di meno, diventiamo capaci di accogliere l’Amore di qualcun altro.

COME E QUANDO SI SVILUPPA IL QUARTO CHAKRA?

Il quarto chakra si sviluppa tra i 4 e i 7 anni, dopo che la nostra autonomia si è stabilizzata e, soprattutto, dopo che abbiamo interiorizzato i messaggi verbali del nostro contesto familiare [vedi articolo terzo chakra]. Solo quando questo avviene, siamo pronti per interiorizzare un nuovo tipo di linguaggio, “relazionale”, fatto di comportamenti, gesti, attitudini e valori, che sarà la base delle nostre modalità di interazione con gli altri e con il mondo. Infatti, è proprio imitando i comportamenti e i gesti dei nostri genitori che tale base inizia a crearsi.

Non scorderò mai la mia esperienza con due bimbi, Marco e Silvia, rispettivamente di 4 anni e 7 mesi. Un giorno, mentre la piccola stava piangendo, il fratellino si avvicinò e le diede una carezza. La cosa mi colpì perché, da una parte non era abitudine del bimbo comportarsi così, dall’altra perché era un gesto tipico della loro mamma.

Quarto chakra e Identità Sociale

Queste imitazioni non solo ci danno sicurezza (perché i “grandi” fanno così), ma ci preparano anche a un’interazione più complessa rispetto a quella dei chakra precedenti: iniziando ad andare oltre la nostra realtà soggettiva, accogliamo e ci relazioniamo con quella di qualcun altro.
Se, ad esempio, fin da piccoli abbiamo imparato a negare i nostri bisogni, magari per sentirci accettati e amati dai nostri genitori, è altamente probabile che utilizzeremo tale modalità, o Identità Sociale, per relazionarci, prima con la nostra famiglia, poi con i nostri coetanei. E utilizzeremo, a livello inconscio e profondo, tale “ruolo” per ottenere Amore e approvazione sociale. Ognuno, crescendo, creerà il proprio “ruolo sociale”: potremo diventare, da grandi, i “giocherolloni” del gruppo, la “sorella maggiore” che deve risolvere i problemi degli amici e così via.

Lo sviluppo di queste dinamiche relazionali, come è intuibile, è molto delicato poiché se impareremo a relazionarci con gli altri negando i nostri bisogni, non potremo creare delle sane relazioni. Senza i nostri bisogni o, più in generale, senza delle parti importanti di noi, non saremo mai davvero dentro la relazione, né con noi stessi, né con gli altri.

L’ENERGIA OPPOSTA DEL QUARTO CHAKRA: IL DEMONE DEL DOLORE

L’energia opposta del quarto chakra è il Dolore. Quando ci apriamo totalmente, a qualcuno o al mondo, e il nostro cuore viene ferito, questo si fa pesante e si apre con grande difficoltà. Finiamo per allontanarci dai nostri sentimenti, diventando rigidi e distanti.

Quando ci innamoriamo (o semplicemente ci apriamo ad un’altra persona, come un amico o un’amica), siamo spinti da una forza vitale, l’Eros, verso unione, Amore e bellezza. Qualcosa che rende la vita degna di essere vissuta e che ci fa spogliare di ogni difesa.
Proprio per questo, quando veniamo feriti nel campo dell’Amore, veniamo feriti nei nostri aspetti più vulnerabili e fiduciosi: essere autentici non ci appare più sicuro e il nostro sistema, ferito nel cuore, si chiude, senza lasciare spazio a noi stessi o a qualcun altro; il dolore e la chiusura, nascosti nel nostro inconscio, ci fanno sabotare le nostre relazioni, scatenano liti, ci allontanano dalla persona che amiamo e ci fanno comportare nei peggiori dei modi. Ed è proprio così che ci troviamo davanti all’energia opposta di Eros, Thanatos, che separa e ci invita a far apparire le nostre parti meno piacevoli.

Unione e Separazione, in questo senso, sono due passi inseparabili della vita stessa: solo riconoscendo queste energie possiamo accogliere la danza infinita dell’Amore e dell’attrazione, in tutte le sue sfumature.

Imparare a riconoscere ed esprimere il nostro Dolore è la condizione sine qua non relazionarci in maniera autentica. Quando ci apriamo, infatti, ci emozioniamo, diciamo la verità e, così facendo, il nostro cuore si alleggerisce: solo essendo consapevoli di quello che si cela nelle profondità di noi stessi possiamo creare un vero equilibrio dinamico, per poi esprimerlo nelle nostre relazioni e nel modo in cui ci relazioniamo al mondo.

COME POSSIAMO ENTRARE DAVVERO IN INTIMITÀ CON QUALCUNO, SE NON SIAMO INTIMI CON NOI STESSI?

Abbiamo visto come vi è una profonda connessione tra i primi quattro chakra e come, tale connessione, emerge nel nostro Cuore: finché non lasciamo esprimere il dolore, le ferite, le aspirazioni e i bisogni dei chakra inferiori, non potremo entrare davvero in relazione e in intimità con qualcun altro; non potremo davvero Amare e accogliere l’Amore di un’altra persona.
Se, ad esempio, da piccole non ci siamo mai sentite riconosciute (dai nostri genitori, dalla nostra famiglia, dai nostri amici), da adulte, tali ferite, nascoste dentro di noi, si potranno esprimere nelle nostre relazioni con impeti d’ira, chiusura e risentimento.
Le relazioni, così, non solo sono il risultato del rapporto che abbiamo con noi stessi, ma ci forniscono il territorio dove queste parti ombra possono emergere. E l’intimità ci invita a condividerle, perché solo quando ci apriamo a un’altra persona abbiamo davvero la possibilità di rivelarci in tutte le nostre sfaccettature.

Per raggiungere una buona intimità con le persone a cui vogliamo bene e che amiamo, dobbiamo essere in “intimo” contatto coi nostri bisogni, con le nostre paure, con le nostre speranze: se non amiamo abbastanza noi stessi, o la nostra interiorità, non saremo in grado di offrire il nostro Amore a qualcun altro. In questo senso, intimità e onestà sono gli elementi fondamentali che ci consentono di aprirci, confidarci e relazionarci in maniera sana e autentica con le altre persone.

Fonti: Anodea Judith; Il libro dei chakra; Il sistema dei chakra e la psicologia; Neri Pozza Editore, Vicenza

Di Margherita Sartori – Counselor a Indirizzo Ipnotico
Se decidi di estrarre una frase o un paragrafo, ti chiedo di trascrivere link a questo sito e il mio nome.

IL SECONDO CHAKRA

Se per il primo chakra abbiamo parlato di radicamento e stabilità, per il secondo chakra parleremo di sensazioni e bisogni, di emozioni e movimento, di sessualità e piacere. Passiamo, infatti, dall’elemento Terra a quello dell’Acqua. In questo senso il corpo diventa contenitore solido della nostra essenza fluida. 

Il secondo chakra, Svadhisthana, dal sanscrito “dolcezza”, si trova nella zona del plesso sacrale (basso ventre) e rappresenta il nostro diritto fondamentale di Sentire. È legato alla relazione che abbiamo con le nostre emozioni, con il piacere, l’intimità, il movimento, il cambiamento e, di conseguenza, al rapporto che abbiamo con il mondo esterno.

COME E QUANDO SI SVILUPPA IL SECONDO CHAKRA?

Il secondo chakra si sviluppa tra il sesto e il ventiquattresimo mese di età. Ed è proprio in questo arco di tempo che impariamo a conoscere le nostre sensazioni e a rapportarci con il mondo esterno. Da neonati viviamo il mondo come qualcosa di totalmente inesplorato, che possiamo scoprire e conoscere solo attraverso i nostri sensi. Nei primi mesi di vita sono i nostri sensi a “dirci” se percepiamo qualcosa piacevolmente o spiacevolmente. Ciò che ci muove, e che non ci muove, è l’ascolto instintuale di queste sensazioni.

Questo è un processo di scoperta spontaneo e non filtrato dalla mente, che in maniera progressiva porta ad allontanarci fisicamente dai nostri genitori per scoprire il mondo circostante. All’inizio avremo paura e torneremo indietro ma, nel ripetersi di questa danza, nell’assecondarla e ascoltarla con dolcezza, acquisiamo il piacere di esplorare il mondo e la capacità di sentirci un’entità separata rispetto ai nostri genitori. Il tatto, la vicinanza, la convalida della nostra esperienza emotiva e il riuscire a esprimere la nostra vitalità, ci donano il piacere di tale scoperta.
Quando la nostra vitalità infantile è incoraggiata e amata, la vita diventa un’esperienza gioiosa. In questo senso, la capacità del nostro ambiente familiare di farci sentire al sicuro diventa essenziale per imparare a rapportarci al meglio con gli altri e con il mondo circostante.

L’ENERGIA OPPOSTA del Secondo Chakra: LA COLPA

L’energia opposta del secondo chakra è la Colpa. Il compito di questo “demone” è irrigidire e bloccare lo scorrere del movimento (che per sua natura dovrebbe essere fluido), privandoci di una o più parti di noi stessi. Può essere utile immaginare il senso di colpa come la Guardia dell’Oscurità, quell’ostacolo da oltrepassare per portare luce nel buio. L’ ”oscurità” rappresenta quegli aspetti della nostra personalità repressi. Anche se proviamo a nasconderla, a noi stessi e agli altri, alla lunga si manifesterà nel corso della vita, anche contro la nostra volontà. E più cercheremo di reprimerla, più sarà distruttiva: recuperarla significa recuperare i nostri bisogni e i nostri desideri, con lo scopo di comunicarli in maniera costruttiva, a noi stessi e agli altri.

Avere un secondo chakra equilibrato implica integrare gli opposti che sono dentro di noi in un’unità indivisibile. Significa, in altre parole, riuscire a cogliere quelle sfumature che vanno oltre la dualità tra bene e male, bianco e nero, giusto e sbagliato, per accettarle.
Una donna, ad esempio, con problemi d’ira distruttiva potrà essere portata a rinnegarla e, di conseguenza, diventarne succube (lei e le persone che le stanno vicino), con sensi di colpa annessi ovviamente. Riuscire ad ascoltare e accettare la propria rabbia significherà imparare a esprimere il suo bisogno profondo di riconoscimento, di ascolto, di vicinanza o magari accettare un dolore che necessita di essere elaborato.
Il “demone” è una sfida che siamo chiamati a oltrepassare. Un senso di colpa sano, infatti, ci consente di esaminare il nostro comportamento prima, durante e dopo le nostre azioni, permettendoci di cogliere dove e come sono i nostri limiti. Solo in questo modo si trasforma da demone a guida.

PERCHè è COSì IMPORTANTE IL RAPPORTO CHE ABBIAMO CON LE NOSTRE SENSAZIONI?

Essere in contatto con le nostre sensazioni (e non l’interpretazione mentale che ne facciamo) implica riconoscere e accettare cosa ci dona gioia e piacere. Questo consente di avvicinarci con più chiarezza a ciò che desideriamo e di cui abbiamo bisogno, per poi muoverci e raggiungerlo (terzo chakra).
L’appagamento del nostro “piacere” è terribilmente messo alla prova nella nostra società: il sentire e le emozioni spesso vengono azzittite o soppresse. Se mi verrà da piangere al cinema eviterò di dare sfogo a quell’emozione, se ci rimarrò male per un atteggiamento di un’amica/o eviterò di condividerlo per vergogna, qualche pensiero o paura mi impedirà di gioire pienamente di un regalo. Così facendo, tale rigidità si materializza nel corpo, diventando anno dopo anno più rigido. E lasciando che la mente prenda il sopravvento su ogni sfaccettatura della nostra vita. “Ciò che diventa rigido, diventa anche fragile e friabile; a causa della sua friabilità un sistema rigido ha bisogno di essere difeso strenuamente e il risultato di quella difesa è uno stato di chiusura”.

COME DIVENTARE MENO RIGIDI?

È il piacere che ci invita a lasciarci andare. È la ricerca e la consapevolezza di ciò che da gioia, di ciò che ci emoziona e che ci riempie positivamente, che fa scorrere l’energia in maniera fluida. Quando finiamo per negare tale dimensione, non ci sentiamo completi e per questo sfoghiamo su altro: sesso, rabbia, droghe, alcool e/o cibo. Cercando di soddisfare con un palliativo bisogni per noi importanti, questi, non verranno mai del tutto soddisfatti. Il punto è che un piacere raggiunto attraverso una dipendenza porta al desiderio di averne ancora, mentre un sano piacere, un sano bisogno, genera soddisfazione.

Quando diventiamo consapevoli dei nostri bisogni, dei nostri desideri profondi, si apre lo spazio per una soddisfazione piena, portandoci a scoprire cos’è davvero l’appagamento autentico (concretizzazione, soddisfazione, felicità). Solo quando siamo in grado di reclamare le nostre necessità ci assumiamo la responsabilità della nostra soddisfazione, o non soddisfazione.

L’IMPORTANZA DEI NOSTRI BISOGNI

Questo discorso vale tanto nel riuscire a riconoscere il proprio bisogno di fare una bella passeggiata immersi nella natura, a quello di sentirsi appagati sessualmente. Ormai ho perso il conto delle volte che ho sentito dire, da donne intelligenti e sensibili, di non aver mai raggiunto un orgasmo (se non, in rari casi, “da sole”). E credo sia terribilmente emblematico della società in cui viviamo e di ciò su cui vorrei portare attenzione e riflessione. Se non siamo noi donne le prime a dedicarci alla ricerca del nostro piacere, come possiamo pretendere che un uomo lo faccia al posto nostro? È come pretendere che qualcuno vada a fare una passeggiata per noi. Siamo noi le prime responsabili, l’agente attivo sine qua non raggiungere ciò di cui davvero abbiamo bisogno, ciò che davvero desideriamo, ciò che davvero ci emoziona. Ciò che davvero ci piace! In tutti i sensi e in ogni sfaccettatura della nostra vita.

Imparare ad ascoltare le nostre sensazioni consente di entrare in contatto con i nostri bisogni e desideri, e, a sua volta, questo consente di emozionarci e abbondonarci attivamente e in maniera consapevole, a noi stessi e al mondo che ci circonda. Andare oltre la Guardia dell’Oscurità significa diventare consapevoli di ciò che vogliamo davvero, e una volta fatto, muoverci e agire per raggiungerlo.

Fonti: Anodea Judith; Il libro dei chakra; Il sistema dei chakra e la psicologia; Neri Pozza Editore, Vicenza

Di Margherita Sartori – Counselor a Indirizzo Ipnotico
Tutti i diritti sono riservati. Se decidi di estrarre una frase o un paragrafo, ti chiedo gentilmente di trascrivere link a questo sito e il mio nome.

IL PRIMO CHAKRA

Il primo chakra principale, chiamato Muladhara, dal sanscrito “radice”, rappresenta le fondamenta di tutto il nostro sistema energetico. È il nostro diritto fondamentale di esistere e di occupare uno spazio. Non a caso si trova all’altezza del perineo, dove poggiamo quando ci sediamo. È legato al rapporto con la nostra famiglia d’origine, nonché agli elementi provenienti dalla terra e necessari alla nostra sopravvivenza: il cibo con cui ci nutriamo e ciò che percepiamo attraverso i cinque sensi (acqua, aria, suoni, gravità ecc.).
È quest’energia, legata all’elemento Terra, che ci radica nel mondo fisico attraverso nutrimento, famiglia e confini.

Dobbiamo immaginare il corpo come la forma solida, l’edificio, della nostra coscienza: sono le fondamenta a stabilirne la struttura, se sarà stabile, solido, resistente o inconsistente, inaffidabile, fragile. Un danno a questo chakra (traumi, violenze e/o abusi), infatti, può mettere a repentaglio l’intero sistema.

COME E QUANDO SI SVILUPPA IL PRIMO CHAKRA?

Nella pancia di nostra madre: per nove mesi siamo in connessione totale e profonda con il suo corpo. Ogni emozione, ogni sensazione, ogni movimento arriva… Il corpo di nostra madre è la nostra prima casa, il nostro primo terreno. Tale ambiente impatta su chi siamo e sulla nostra pretesa all’Essere. Se l’utero in cui ci troviamo è rigido, impareremo a contrarci. Se nostra madre è abituata a vivere in pace e armonia, l’ambiente uterino sarà pieno di sostanze chimiche in coerenza con tale realtà.

Altrettanto fondamentale è l’ambiente familiare in cui cresciamo. Nei primi mesi di vita viviamo in uno stato di fusione con il mondo, che si conclude quando impariamo a camminare. Ovvero, fino al momento in cui creiamo le strutture base per esplorare il mondo con i sensi (secondo chakra) e con il movimento (terzo chakra).
Quando siamo neonati e le nostre necessità sono soddisfatte, cioè quando i riflessi del nostro corpo (ad esempio il pianto) procurano sollievo (come cibo, calore, conforto), creeremo le basi per relazionarci al mondo con fiducia
Quando, invece, i nostri bisogni non sono soddisfatti, svilupperemo sfiducia e dissociazione rispetto al mondo esterno: impareremo a non dare importanza ai nostri bisogni, a ignorarli e/o a percepire il mondo come ostile.

L’ENERGIA OPPOSTA DEL PRIMO CHAKRA: LA PAURA

Nutrimento, connessione con la madre terra e presa di cura di noi stessi, stanno tutte alla sopravvivenza: il minimo indispensabile di cui abbiamo bisogno per(iniziare avivere. Quando questa “base” è minacciata, la paura inizia a dominare tutte le funzioni della nostra coscienza.
Il problema vero si presenta quando, senza rendercene conto, entriamo in uno stato di allerta e di paura perenne. Una persona cresciuta in un ambiente pieno di pericolo sarà abituata a vivere in questo stato, perché sarà l’unico modo per sentirsi davvero al sicuro.

La paura, l’energia opposta a quella del primo chakra,è un’avversaria sacra. E solo quando la riconosciamo come tale, diventiamo in grado di controllarla e oltrepassarla. Le fondamenta diventano solide mano a mano che diventiamo abili ad affrontarla: da dove arriva? A cosa mi serve? Dove e come si colloca nel mio corpo? Ho voglia di scappare o nascondermi? Mi sento arrabbiato o paralizzato? Ognuno avrà le sue risposte, il suo modo di percepirla. Ognuno avrà il suo modo di affrontarla, chi imparando a prendersi cura di sè, chi dedicandosi alle arti marziali o all’arte della comunicazione.

PERCHè è COSì IMPORTANTE IL RAPPORTO CHE ABBIAMO CON IL NOSTRO CORPO?

Fino a che non abbiamo cura e responsabilità del nostro corpo, del nostro Essere e dello spazio che occupiamo, tutti gli altri chakra ne risentiranno. 
Possiamo immaginare il sistema energetico come un insieme di vasi comunicanti contenenti energia (la fisica quantistica, tra l’altro, dimostra che tutto lo è): quando “manca” o è “bloccata” nei chakra inferiori, ve ne sarà una maggiore concentrazione in quelli superiori. Più questi diventano forti, più riusciremo a evitare le nostre sensazioni. Non saremo in grado di accorgerci quanto abbiamo fame o bisogno di dormire. Il corpo cercherà, attraverso continue malattie, di comunicare con noi. Non saremo in grado di interpretare le nostre emozioni. Saremo ipervigili a ciò che accade fuori, alla costante ricerca di connetterci all’esterno e in costante allerta verso il pericolo che arriva da fuori. Insomma, un vero inferno.

La cosa più importante, quindi, per riequilibrare il proprio primo chakra, e di conseguenza il nostro sistema, è affermare la propria fisicità. Come? Andate a correre, fatevi un bel bagno caldo, trovate una brava/o massaggiatrice/tore e andateci una volta a settimana (per tutto il tempo necessario), occupatevi della vostra casa, prendetevi cura del vostro corpo ed esploratelo con dolcezza e rispetto. Ascoltate il vostro corpo e costruiteci una relazione! È possibile e magnifico. E, soprattutto, ognuno di noi possiede già il necessario per farlo. Basta solo un pizzico di coraggio e voglia di stare meglio.

LIBERTà: AVERE UNA FORMA E ACCETTARE I PROPRI CONFINI.

Ciò che rende reale e concreta la manifestazione del nostro Essere è la consapevolezza (e la conseguente dichiarazione) dei nostri confini: “io finisco qui”, “mi sento abbastanza…” sazio, dissetato, amato, usato, stanco, desirato…. Se ne fossimo sprovvisti saremmo ancora dei neonati in balia del mondo.

Da qui sorge spontanea una domanda: come faccio ad accettare, conoscere e rispettare i miei confini? Posso assicurarvi che ognuno possiede il proprio modo. Basta scoprirlo. Se accettiamo e cooperiamo con le nostre limitazioni, l’energia aumenta e si espande, insieme alla nostra consapevolezza, per predisporci al cambiamento. È in questa dimensione che conosciamo la vera libertà.
Il discorso è simile a quello fatto per la paura: affrontiamo e conosciamo noi stessi solo quando riconosciamo i nostri limiti e confini. Per manifestarci dobbiamo accettare chi siamo, nel bene e nel male. Senza remore, senza giudizi. Con rispetto e onestà. Libertà è aderire a chi siamo.

Fonte: Anodea Judith; Il libro dei chakra; Il sistema dei chakra e la psicologia; Neri Pozza Editore, Vicenza

Di Margherita Sartori
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